
Prefazione
“Trasformare il piombo in oro...
Per questo esiste l’alchimia. Affinché ogni uomo cerchi il proprio
tesoro e lo scopra e poi desideri essere migliore di quanto non fosse
nella vita precedente. Il piombo svolgerà il proprio ruolo fino a
quando il mondo ne avrà bisogno, ma poi dovrà trasformarsi in oro.
È quanto fanno gli alchimisti: dimostrano che ogniqualvolta
cerchamo di essere migliori di quello che siamo, anche tutto
quanto ci circonda diventa migliore.”
- Paulo Coelho
Si dice che gli alchimisti fondessero i metalli per trasformarli in oro. Non ho tali competenze ma è certo che il mio essere chef trova la sua motivazione
nel trasformare le materie prime in qualcosa di speciale per me e per gli altri. Ciò che mi ha sempre stupito è come tale scopo non appartenga solo alla nostra
categoria ma a qualunque persona che cucini. Forse non tutti sanno che quando si fa una cottura a bagnomaria si compie un’operazione alchemica. Si attribuisce l’invenzione di questo metodo a una delle rarissime donne alchimiste della storia dell’umanità:
Maria la Giudea.
Il filosofo romano Moriene la chiamò “Maria la profetessa” e gli arabi la conoscevano
come la “Figlia di Platone” il nome che in seguito nell’alchimia occidentale, venne riservato allo zolfo bianco. Il pensiero di Maria e la sua grande
invenzione, si ispirarono proprio al calore dolce e tiepido generato all’interno dell’utero femminile che determina la crescita e lo sviluppo miracoloso del feto. Tecniche antiche e semplici di processi alchemici complessi, che hanno dato una svolta all’arte del cucinare.
Inizio a scrivere questo testo in un momento storico particolare. Tutto il mondo è paralizzato da una tremenda pandemia dovuta ad un virus che arriva portato dalle ali di un pipistrello e lockdown è la parola d’ordine.
L’interruzione del lavoro e dei contatti ha imposto a tutti una sospensione del tempo che carica il nostro io di domande, domande che sono sempre state latenti e che oggi urgono ed urlano in cerca di risposte, nella consapevolezza che niente sarà più come prima. Qualcuno potrebbe obiettare: cosa c’entra questo con la cucina? Se sei uno chef c’entra e come. Cucina è vita, è un frammento dell’universo in un piatto, è memoria, è armonia, è la mia storia
di uomo.
L’Italia è patria di studiosi che hanno dedicato volumi alla storia dell’alimentazione.
Da questi studi ho ricavato la convinzione che siamo i continuatori
di una forma d’arte, alimentata continuamente dalle nostre radici mediterranee e dalle nostre nuove intuizioni.
Nella frenetica vita prima del corona virus, spesso ci si accontentava di mangiare, dimentichi di Seneca che affermava “la fame non è ambiziosa, si accontenta di cessare”. La fame, pertanto, è l’espressione di un bisogno.
La cucina va oltre perché ambisce a soddisfare il piacere. È la cura nella scelta delle materie prime, la loro trasformazione, preparazione affinché seducano i sensi. Non è nutrimento, è un rito che ci distingue dagli animali.
L’uomo usa le spezie, cuoce, sala, trasforma cosicché cucina non è più la semplice azione del mangiare è molto, molto di più: è la ricerca continua della perfezione.
Nella cucina alchemica ho trovato il senso profondo della frase simbolo dell’alchimia “trasformare il piombo in oro”: non tanto una ricerca finalizzata ad un bene concreto ma una tensione costante che mi spinge alla ricerca della perfezione, del momento creativo e artistico, sintetizzato in un piatto.
Come dice Heinz Bech “l’idea è l’anima del piatto, il soffio da cui prende vita. È il primo ingrediente. È la creazione che diventa progetto e viene
elaborata unendo tante esperienze di vita consce ed inconsce.”
Non so cosa accadrà domani o fra un minuto, né quali mutamenti ci saranno,
so per certo che essi si specchieranno nell’anima dei miei piatti perché è dalla vita, dalle esperienze che attraversiamo, dalle emozioni che proviamo, da un lampo che ci attraversa, dalla bellezza di un’opera d’arte, da un colore, da una
forma, dal buio e dalla luce che traggo la mia ispirazione. Per tutto questo posso affermare che la mia cucina mi appartiene, in quanto nasce da me. Quando preparo i miei piatti inseguo la bellezza, l’armonia, proprio come un pittore mescolo materia, forme, colori, sapori, in una spasmodica, continua ricerca del Sacro Graal.